Postcolonia Italia
Il panorama italiano della produzione artistica e culturale più recente può essere letto attraverso la lente della “postcolonialità”: una dimensione trans-culturale, transnazionale e meta-disciplinare in cui la Storia ufficiale e i confini geografici e concettuali della Nazione ‘moderna’ vengono aperti e contestati da una molteplicità di voci, posizioni e ambizioni eterogenee che si incontrano, incrociano o sovrappongono nel chiamare in causa l’ampia questione del potere-sapere.
Postcolonia Italia registra l’urgenza di rifiutare l’eredità del colonialismo e interrompere i processi che, per mezzo di quella struttura di potere, incentivano ancora oggi l’utilizzo dello stereotipo come ‘metodo’. A fronte di una ‘modernità globale’ animata da modi oggettivanti e forme assoggettanti che si rinnovano di continuo con l’intento di fissare metodi e categorie; in risposta ai linguaggi disciplinati, agli approcci allineati, alle narrazioni lineari che assecondano e alimentano i paradigmi dominanti, il “postcoloniale” può essere 'una forma di intervento politico che riscrive il canone e propone storie alternative alle narrative eurocentriche'.*
Postcolonia Italia proviene da una ricerca in corso e si svilupperà nel tempo. Il format immaginato per questa prima tappa presenta e interroga diverse ed eterogenee declinazioni del documentare, ri-portare, archiviare. La dimensione non-nazionale e “trans-culturale” che in questa ottica postcoloniale chiamo Postcolonia Italia emerge da recenti prodotti filmici come Asmarina (2015), di Alan Maglio e Medhin Paolos; Negotiating Amnesia (2015), di Alessandra Ferrini; Milite ignoto (2015), di Muna Mussie. Ma essa è anche suggerita dai diversi approcci che gli autori coinvolti adottano, accomunati dall’essere un insieme di sperimentazione pratica e riflessione teorica. Allo stesso tempo, Postcolonia Italia accoglie e si apre alle forme di ri-elaborazione e produzione che si concretizzano mediante esperienze imprevedibili e non pre-determinate di relazione e condivisione. Così prenderà forma "Colonial Voices & Gazes", il laboratorio condotto dall’artista e ricercatrice indipendente Alessandra Ferrini, che contribuisce alla ‘missione’ originaria del S.a.L.E. Docks, nato nel 2007 come spazio di riappropriazione e produzione, capace di confrontarsi criticamente con le trasformazioni che continuano a incidere il tessuto urbano veneziano.
Il passato ‘subalterno’ – obliato, silenziato, rimosso – si ri-presenta e riflette in tutte queste elaborazioni come nelle nostre vite attuali, con facce, vesti, linguaggi e modi sempre differenti, contingenti. Si tratta di un “passato che non passa” – per citare l’efficace espressione formulata da Iain Chambers;** e che ci costringe a fare i conti con noi stessi e col nostro bisogno di ‘identità’ e 'alterità'. Interessate a contestare e contraddire chi vede nel passato un tempo archiviato, le pratiche qui proposte muovono dal recupero di memorie individuali e collettive per evidenziare le criticità e le incoerenze di un presente affetto da un insieme di “smemoratezza”, “amnesia”, “malinconia”. Ovvero da quei ‘sintomi’ contraddittori e paradossali che impediscono allo sguardo eurocentrico di riconoscere e ammettere i propri limiti e le proprie responsabilità nella costruzione dell’ 'altro' coloniale come ‘oggetto subalterno’.
Nel contesto di una ‘globalità’ che (riprendendo Benedict Anderson) potremmo chiamare immaginata, i lavori e le ricerche in programma agiscono come “interruzioni”, “tagli”, “cesure”, utili a scompaginare le griglie, i sistemi e i regimi di rappresentazione del discorso coloniale. A partire da questi contributi – grazie alle storie che racchiudono e ai metodi che adottano per ‘ri-portarle’ – è possibile rintracciare una costellazione di contro-narrazioni in grado di rinegoziare la relazione tra l’Italia e l’altro, e ri-considerare i processi culturali che hanno portato alla scrittura della sua Storia ufficiale.
* (Celeste Ianniciello e Michaela Quadraro 2015, Memorie transculturali. Estetica contemporanea e critica postcoloniale, Napoli, Università degli Studi di Napoli "L'Orientale", p. 14)
** (Chambers, Iain et al. (a cura di) 2014, The ruined archive, Milano, Politecnico di Milano)
Il progetto è supportato dal Centro Studi Postcoloniali e di Genere - CSPG, Università di Napoli "L'Orientale".
Abstract film e Bio autori
Negotiating Amnesia (2015), di Alessandra Ferrini.
Il film prende come punto di partenza due collezioni fotografiche preservate nell'Archivio Alinari di Firenze: una serie di immagini in bianco e nero della Guerra d'Etiopia del 1935-36 ed una collezione di negativi in vetro delle cartoline di propaganda dell'Africa Orientale Italiana. Dato che questo periodo è generalmente marginalizzato nell'Italia post-regime, il film si propone di esporre alcune delle strategie di rimozione che hanno contribuito alla creazione di una cultura amnesica collettiva. Attraverso interviste, immagini d'archivio, e l'analisi dei testi scolastici impiegati nelle scuole dal 1946, il film si muove attraverso una varietà di narrative personali e storiche, per creare una riflessione sul retaggio dell'immaginario imperiale fascista nell'Italia Repubblicana.
Negotiating Amnesia viene presentato per la prima volta al Festival dei Popoli, Festival Internazionale del Film Documentario (Nov-Dic 2015, Firenze), come parte della mostra collaterale che ha avuto luogo presso P.A.C. Le Murate (Firenze). La mostra finale era composta da una installazione intitolata Notes on Historical Amnesia, che includeva la proiezione del film. L’installazione metteva in mostra anche il processo di ricerca alla base della produzione filmica, ed era concepita come un ‘work-in-progress’ attivato e trasformato nel corso di una serie di laboratori con gli studenti delle scuole superiori, guidati da Alessandra Ferrini.
Più recentemente, Negotiating Amnesia ha fatto parte del progetto Orestiade Italiana, a cura di Simone Frangi per la 16ma Quadriennale d’Arte di Roma (Ott.2016-Gen.2017).
www.alessandraferrini.info/negotiating-amnesia
Alessandra Ferrini
Artista visiva, ricercatrice ed educatrice. Tra collaborazioni, curatela, pedagogia, editoria, la sua ricerca è radicata in lens-based media, studi post-coloniali e pratiche storiografiche e archivistiche. Dal 2013 co-dirige Mnemoscape, piattaforma di ricerca, rivista online e progetto curatoriale specializzato in pratiche contemporanee con un focus su storia, memoria e l'archival impulse. Dal 2009 è attiva come artista educatrice specializzata in pratiche partecipative. Ha lavorato a commissioni d’arte pubblica a livello internazionale (tra cui Dome, Chisenhale Gallery, Londra 2014) e con l’artista Helen Marshall (Frame It! alla Tate Britain e The Story of Stratford supportato dal Museum of London). Ha partecipato alla prima edizione di A Natural Oasis? – A Transnational Research Project (BJCEM – Mediterranea 17) culminata nella omonima mostra a Viafarini (2015 ). È tra gli artisti di Orestiade Italiana, a cura di Simone Frangi per la 16ma Quadriennale d’Arte di Roma (2015-2016). Nel 2016 è stata in residenza presso A-i-R Wro in Polonia, nel contesto di Wrocław Capitale Europea della Cultura 2016. Tra le esposizioni personali: Negotiating Amnesia (P.A.C. Le Murate, Firenze) nell’ambito di Festival Dei Popoli – Festival Internazionale del Film Documentario (2015) e Spaces of Memory alla iGong Gallery, Seoul, Korea (2017).
Asmarina (2015), di Alan Maglio e Medhin Paolos
Il film è stato realizzato all’interno della comunità habesha (eritrea/etiope) di Milano. La comunità è presente in Italia da almeno mezzo secolo, integrata nel tessuto cittadino in maniera socialmente e culturalmente attiva. A partire dai documenti fotografici che costituiscono la memoria collettiva della comunità, il film raccoglie l’eredità delle storie personali, indagando le sfumature dell’identità, della migrazione e delle aspirazioni delle persone. Ne risulta una narrazione corale che porta alla luce una eredità postcoloniale fino ad oggi poco approfondita: dalle storie di vita quotidiana di chi vive in città da anni, di chi ci è nato, fino all’accoglienza dei profughi appena arrivati. Gli autori approcciano questa realtà con empatia e partecipazione, cercando con pazienza di creare una relazione con i protagonisti.
Le ricerche e le riprese di Asmarina sono durate un anno e mezzo e si sono basate sulla raccolta di testimonianze dirette e la ricognizione di materiale fotografico e audiovisivo presente in archivi istituzionali e personali. Da maggio 2015, il film è stato presentato in numerosi Festival e rassegne nazionali e internazionali del cinema, nonché in diverse conferenze e convegni presso università e istituzioni accademiche, in Italia e all’estero.
http://asmarinaproject.com/it/
approfondimenti:
(intervista ad Alan Maglio e Medhin Paolos, di Alessandra Ferlito per Dizioni Diasporiche)
https://dizionidiasporiche.wordpress.com/2015/05/25/in-conversazione-con-asmarina/
Alan Maglio è fotografo e regista. Con il suo lavoro ha partecipato a diverse mostre e festival in Italia e all’estero. Il suo linguaggio ibrido tra ritrattistica, street photography e documentario affronta spesso tematiche legate all’identità culturale. Vive e lavora a Milano. Asmarina (2015) è il suo secondo film, dopo "Milano Centrale - Stories from the Train Station" (2007).
http://alanmaglio.com/
Medhin Paolos è fotografa, musicista elettronica e attivista. Il suo percorso professionale l'ha portata dall'esperienza internazionale con i Fiamma Fumana all'attivismo per il diritto di cittadinanza nell'organizzazione Nazionale Rete G2 - Seconde Generazioni. Vive e lavora a Milano. Asmarina (2015) è il suo film di debutto come regista.
Milite ignoto (2015), di Muna Mussie.
Cosa lega il Milite Ignoto a Milite Ogbazghi (mia nonna) oltre il nome che li accomuna non lo so. So che è stata una sorpresa scoprire che Milite nella mia lingua materna, il tigrino, significa Maria e che Maria è il nome della donna a cui fu assegnato il compito di scegliere, nel primo dopo guerra, la bara contenente uno dei tanti corpi anonimi caduti in guerra che li avrebbe rappresentati e onorati nel tempo, ovvero il Milite Ignoto. Spesso le coincidenze si presentano come epifanie a indicare strade percorribili o a far luce su strade già percorse. Per questo ho messo in atto una serie di studi che indagano ulteriori nessi o discrepanze tra i soggetti nominati. Milite Ignoto si evolve attraverso un'intervista (possibile-impossibile) che si allinei quanto più alla natura della coincidenza: un fenomeno che tende a minare le certezze del pensiero razionale fondato su verità assodate e ad aprire varchi su piani più emozionali, portatori di verità soggettive, arbitrarie e dunque cortocircuitarie.
(txt di Muna Mussie)
Le riprese di Milite Ignoto sono state girate con una Panasonic W570 tween camera; una telecamera binocolare dotata di una videocamera secondaria laterale e girevole che consente di effettuare contemporaneamente riprese da due angolazioni differenti. Si può scegliere di posizionarla liberamente verso di sé, lateralmente o frontalmente: così facendo la videocamera attiva automaticamente una doppia preview con un effetto 'picture in picture'.
Muna Mussie inizia il suo percorso artistico nel 1998 a Bologna, formandosi come attrice-performer. Dal 2006 crea lavori autoriali, di cui cura concezione, messa in scena e interpretazione, sino ai recenti Monkey See, Monkey Do (2012) e Milite Ignoto (2014-15). Ha collaborato continuativamente con filmmakers e artisti. «Il mio percorso artistico si fonda sul tentativo di unificare realtà molteplici, linguaggi differenti antitetici e bipolari. È nella mia biografia che riconosco le radici di questo modus operandi. Essendo cresciuta in Italia ma nata in Eritrea, un avvenimento storico come la lunga guerra trascorsa tra Eritrea e Etiopia ha fatto di me un’esiliata. Questo status quo si è radicato in me in maniera esistenziale comportando una perenne negoziazione tra un là e un qua, un me e un te, un fuori e un dentro che ho cercato di confluire nella mia ricerca teatrale utilizzando anche il confine tra scena e pubblico come emblema di questa negoziazione. La mia ricerca si interessa di identità ma intesa come identità mancata, vacante. Non amo dare definizioni chiuse e vincolanti del mio lavoro ma ci tengo a dire che quanto di esotico e postcoloniale si può trovare nei miei lavori è per sua natura intrinseco nelle mie origini e non il prodotto di una corrente e di un mercato culturale. Preferisco semmai parlare di neoesistenzialismo laico per rispondere al vuoto attuale.» (Muna Mussie)
http://www.munamussie.com/download/MM_Bio+Works.pdf
A cura di Alessandra Ferlito.
Curatrice indipendente e dottoranda in Studi Internazionali (Università degli Studi di Napoli “L’Orientale”), è attualmente impegnata in uno studio interdisciplinare che unisce ricerca teorica e pratica curatoriale per registrare le Prospettive postcoloniali nella pratica curatoriale italiana. È membro del Centro Studi Postcoloniali e di Genere di Napoli; co-fondatrice del gruppo di ricerca Dizioni Diasporiche; collabora al progetto Scuola Fuorinorma, di canecapovolto.