La decisione di estendere l’obbligo del green pass a lavorat_ che operano all’interno de La Biennale di Venezia ha messo in luce ancora una volta come siano presenti lavorat_ di serie A e lavorat_ di serie B in una delle più grandi istituzioni cittadine. A pochi giorni dalla data del 6 agosto, termine deciso dal governo Draghi per l’entrata in vigore delle norme di contenimento della pandemia all’interno dei luoghi della cultura, la decisone è arrivata in modo unilaterale e senza alcun margine di discussione, evidenziando in modo chiaro la volontà di affrontare il problema senza cercare soluzioni volte a mitigare le problematiche di cui si cominciano a vedere i disastrosi risultati in questi giorni.
Lavorat_ che non hanno potuto usufruire delle corsie preferenziali riservate a operatori ed operatrici del turismo si trovano oggi con l’impossibilità di lavorare nonostante le prenotazioni in essere del vaccino. Personale costretto a salti mortali fuori e dentro all’orario di lavoro per presentare un tampone negativo ogni 48 ore, costretto in molti casi a sostenerne i costi personalmente perché non rimborsato dai datori di lavoro.
Tutto questo poteva essere facilmente superato allestendo un punto tamponi per il personale all’esterno delle sedi di Biennale, come è stato fatto in questi giorni per i turisti in molti siti culturali italiani, o come era stato fatto a maggio in occasione dei lavori di installazione dei padiglioni nazionali. Ma tutto questo per la Fondazione Biennale oggi non è necessario. Per capire da dove partono questi problemi occorre fare un passo indietro e chiarire una situazione ormai diventata routine negli ultimi anni tra le mura biennalesche: l’esternalizzazione e la sistematica frammentazione di lavorat_, che siano mediatori culturali, addett_ alle biglietterie o al servizio pulizie. Ognuna di queste categorie viene assunta da cooperative esterne alla Fondazione con contratti multiservizi, con contratti del settore commercio o addirittura spint_ forzatamente ad aprire partita iva, senza contare lavorat_ che vivono nel torbido di contratti più neri che grigi. Il tutto con il benestare di Fondazione Biennale e dei vari gestori dei padiglioni nazionali che sanno perfettamente quello che succede all’interno ma preferiscono nascondere la testa sotto la sabbia. Tutto questo è incomprensibile e inaccettabile.
Ci schieriamo al fianco di oltre 200 lavorat_ che in questi giorni si vedono impossibilitat_ a lavorare nonostante i contratti in essere. Denunciamo lo spregiudicato atteggiamento di Fondazione Biennale e la totale mancanza di attenzione verso la salute e i diritti de_ lavorat_ che, con la loro professione, rendono ogni giorno La Biennale di Venezia uno degli eventi culturali più importanti del nostro paese.
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